South Working

Sono impresse nella nostra memoria le immagini degli assalti alle stazioni ferroviarie del Nord Italia da parte dei giovani e meno giovani decisi a rientrare al Sud in tempo di pandemia. Quello che forse invece non tutti sanno è che molte di quelle persone al Sud ci sono rimaste un bel po’, fino a quando hanno potuto. La Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ha quantificato in circa 100 mila i potenziali south worker, impiegati del 27% delle aziende sul territorio nazionale, che sono rimasti nelle loro regioni di origine per oltre due anni

I numeri

Cosa è successo dopo? L’inevitabile. Un sondaggio condotto dall’ AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) rivela che delle aziende interessate dal fenomeno, solo il 15% ha consentito ai dipendenti di continuare a lavorare dal Mezzogiorno anche dopo il 30 giugno 2022, ad emergenza conclusa. Si tratta sicuramente di un preconcetto culturale che associa al lavoro da remoto – e a quello dal Sud in particolare – immagini di mare, spiagge e tempo perso. Ma c’è anche dell’altro.

Investimenti e infrastrutture

Il Sud è davvero pronto per accogliere un simile cambiamento? Per renderlo possibile serve la volontà politica – anche e soprattutto a livello di amministrazioni locali – di lavorare sulle infrastrutture. Infrastrutture non solo logistiche, sebbene il fatto che la linea ferroviaria dell’alta velocità si fermi a Napoli sia un’evidenza, ma anche informatiche e sociali. E’ innegabile, infatti, che sia necessario un allargamento della diffusione della fibra ottica, per consentire un collegamento internet rapido e di alta qualità.

Altrettanto importanti sono le esigenze in termini di strutture capienti in cui ricollocare la propria attività lavorativa – necessarie per mantenere integro il contenuto sociale del lavoro, da cui dipende gran parte della capacità creativa ed innovativa di ogni professionista. Senza considerare, poi, i forti squilibri in materia sanitaria e educativa: spesso, la scarsa disponibilità di strutture ospedaliere, sistemi sanitari farraginosi, strutture scolastiche scadenti, sono la causa di ripensamenti specie per chi pensa di portare con sé genitori o figli.

Per “rotolare verso Sud”, quindi, rimane imprescindibile il coinvolgimento attivo e proattivo dei territori e delle comunità locali, ma anche e soprattutto del governo, che deve scegliere di investire e puntare su questo progetto.

I vantaggi

Si tratta di un’opportunità win-win: un ritmo di vita più sostenibile e una possibilità ghiotta per chi giustamente vuole ritornare alle proprie radici, un’occasione di sviluppo per le aree meridionali che vengono abbandonate da sempre più giovani e che in tal modo attrarrebbero investimenti e interessi economici, un ritorno per le aziende in termini di maggiore motivazione dei dipendenti, minore assenteismo oltre che un risparmio considerevole sui costi di gestione.

di Serena Lena