Quel diritto incastrato nella nostra costruzione, tanto amato dai nostri antenati, poco praticato dalla società civile attuale.
Fa riflettere che ai referendum sulla giustizia abbia partecipato al voto solo il 20% degli aventi diritto. Ma questo dato, pur inquadrandosi in un contesto generale di crisi della partecipazione, ha una sua valenza specifica. La complessità dei quesiti ha certamente dissuaso dall’andare a votare.
La sfiducia e l’astensionismo negli anni 2000
In vista delle prossime elezioni politiche, cresce il timore della crescita del cosiddetto partito del non voto. E’ in continuo aumento, infatti, la percentuale di elettori che, alle urne, preferisce manifestare il proprio dissenso attraverso la non partecipazione alle scelte democratiche del Paese.
Se agli albori della Repubblica il dato di affluenza alle urne sfiorava il 95%, lo stesso non si può dire per le ultime consultazioni post 2000. Dall’81,35% del 2001, quando a sfidarsi alle elezioni furono la Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi e L’Ulivo di Francesco Rutelli, si è passati gradualmente al 72,9% del 2018 sulla spinta propulsiva del Movimento Cinque Stelle.
Perso oltre il 9% della platea elettorale in meno di un ventennio, per la elezioni del prossimo autunno si teme una risposta ancor più ‘timida’ alla ‘chiamata alle urne’.
Le ragioni del non voto
Tra i vari fattori esplicativi per cui sempre meno elettori vanno a votare occorre metterne in rilievo soprattutto uno: la crisi dei partiti.
Al tempo della Prima Repubblica i partiti svolgevano una funzione essenziale di socializzazione, di informazione e di mobilitazione. Non è un caso che l’astensionismo sia cominciato a crescere sensibilmente dall’inizio della Seconda Repubblica dopo il tracollo dei partiti che erano stati i protagonisti della Prima.
Il crollo della fiducia nei partiti ha portato con sé il crollo della partecipazione. A livello di elezioni politiche tra quelle del 1994 e quelle del 2018 l’affluenza è calata di quasi quattordici punti percentuali. A livello di elezioni europee è calata di più e lo stesso dicasi ai livelli inferiori. Vedremo cosa succederà alle prossime politiche ,è probabile che si sforerà al ribasso la soglia del 70%.
La crisi dei partiti spiega molto ma non spiega tutto. Anche la demografia ha il suo peso.
Le persone più anziane e socializzate in tempi in cui partecipare era un clichè o addirittura un dovere escono di scena e i giovani che subentrano nel ‘diritto al voto’ sono meno interessati alla politica e tendono ad astenersi.
Cosa si può fare per invertire la tendenza negativa del partito del non voto?
Se i partiti non recupereranno credibilità e capacità organizzativa e se non si affronterà seriamente il tema della educazione alla democrazia la disaffezione nei confronti della politica è destinata a continuare e con essa l’astensionismo.
La democrazia è carente, dunque partiti e istituzioni comincino da subito a spalancare i loro anacronistici recinti e si dispongano a una nuova idea di mondo, all’insegna dei principi ispiratori della Costituzione.
di Valentina Ruggiero