Canapa industriale

Il mercato della canapa industriale fiorisce in tutto il mondo ma l’Italia resta alla finestra, bloccata da normative incomplete e confusione di idee su canapa industriale e sostanze stupefacenti.

Uso ricreativo

Il 2 Dicembre 2020 la Commissione delle Nazioni Unite sugli stupefacenti si è riunita per votare se adottare o meno le raccomandazioni dell’OMS sulla riforma internazionale della Cannabis. Delle sei raccomandazioni, ne fu accolta una sola ed anche la più importante, quella che elimina la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione Unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, in cui si trovano le sostanze ritenute più pericolose, come eroina e cocaina.

Con la rimozione della cannabis dalla Tabella IV ,l’ONU ha accettato l’opinione dell’OMS che la cannabis ha un potenziale terapeutico, riconoscendone le proprietà mediche e il basso rischio di abuso.

In Italia

La Commissione Giustizia della Camera l’8 settembre scorso ha adottato il testo base che depenalizza la coltivazione di al massimo quattro piante femmina di cannabis, ma l’iter procede faticosamente tra rinvii e assenze. Il disegno di Legge Magi ha conosciuto un’ulteriore frenata nel corso della raccolta firme e la successiva attesa del parere della Corte Costituzionale per il cosiddetto Referendum Cannabis. Il quesito, firmato da oltre 600 mila persone in poche ore, è stato poi giudicato inammissibile tra le proteste del comitato promotore. Intanto, è ripreso il dibattito in Commissione Giustizia in merito all’autocoltivazione.

Si stima che la legalizzazione della cannabis, tra i benefici diretti tramite la tassazione e quelli indiretti (risparmio forze dell’ordine, tribunali e carceri), porterebbe ad entrate fino a 8 miliardi nelle casse dello Stato. 

Uso industriale

La cannabis (o canapa) a basso contenuto di THC (il principio attivo ‘stupefacente’) non dà effetti ‘droganti’, ma – al contrario – è una pianta che può essere utilizzata per la produzione di carta e tessuti. Ma ha un ruolo importante anche nel settore della cosmetica e dell’edilizia. Fornisce oli, cordame, combustibile, persino alimenti: i suoi semi hanno qualità nutrizionali come pochi al mondo. Dopo aver abbandonato le coltivazioni per oltre mezzo secolo, adesso l’Italia torna a investire nella canapa industriale che si presta a svariati utilizzi.

Settore tessile

Nel settore tessile la canapa presenta diversi punti a suo favore: innanzitutto minor impatto ambientale rispetto al cotone (consuma circa la metà di acqua, produce il 200/250% in più di fibra a parità di superficie, non richiede pesticidi, necessita di minori trattamenti di colorazione). Inoltre presenta un’alta qualità delle fibre (proprietà antibatteriche e antifungine, eccellenti capacità di assorbimento di umidità e di resistenza a strappi e usura).

Alimentare

La canapa è inoltre utilizzata per produrre farine, oli e semi. In campo alimentare, studi hanno evidenziato un elevato contenuto di vitamine (E, B1, B2, B6) e di acidi grassi polinsaturi. Ottimo, infine, il rapporto (3:1) tra Omega 6 e Omega 3, migliore rispetto a quello dell’olio di oliva (9:1).

Cartario

Minor impatto ambientale rispetto alla carta da albero (minori trattamenti chimici, riduzione delle attività di trasporto, maggiore riciclabilità). Migliore qualità rispetto alla carta da albero (maggiore rapporto tra cellulosa prodotta e superficie, elevata forza, estendibilità e opacità, alta resistenza a umidità e a strappi/lacerazione, notevole capacità di tenere la piega).

Bioplastiche e biocarburanti

Dalla canapa si ottengono le cosiddette ‘bioplastiche’: un prodotto biodegradabile con maggiore resistenza e leggerezza rispetto al polipropilene. In materia di transizione ecologiche, inoltre, consente elevate produzioni di biomasse ad alto contenuto di lignina per combustibili.

Bioedilizia

Produzione di cere, vernici, materiali coibentanti con buone proprietà isolanti (riduzione del flusso termico e della trasmittanza termica) e di permeabilità al vapore acqueo

Fitodepurazione

La Canapa cresce rapidamente, raggiungendo il pieno raccolto in soli 180 giorni. Produce una sfera di radici che si estende nel terreno da 1,5 ad 2,5 metri. A quel livello, le tossine possono essere estratte senza la necessità di rimuovere il terreno contaminato dello strato superiore, evitando così la spesa di trasporto verso impianti di smaltimento fuori sede.

Altri fattori che fanno della Canapa la migliore dei “rimediatori” sono: la sua capacità di crescere non influenzata dalle tossine che accumula. Il suo veloce tasso di assorbimento e la sua capacità di legare i contaminanti composti dell’aria e del suolo, sono altre fondamentali caratteristiche. La Canapa effettivamente rimuove CO2 dall’aria così come elimina i metalli pesanti ed altre sostanze inquinanti dal suolo.

Il suo utilizzo consente una riduzione documentata dell’inquinamento chimico e micro-organico dei terreni. Appurata la capacità di ripristino di vaste aree di verde e il miglioramento della qualità dell’aria e del microclima.

Italia leader mondiale: le potenzialità economiche

Per la nostra economia la rinascita della canapa, o cannabis, è un ritorno al passato. Si tratta infatti di un settore economico ben radicato nel tessuto sociale e nelle conoscenze agricole del nostro Paese.

Agli inizi del Novecento eravamo tra i primi produttori mondiali. Nel 1940 l’Italia dedicava alla coltura della canapa 90mila ettari del proprio territorio. Producevamo più canapa di quanto se ne produce oggi in tutto il mondo, con 85mila ettari a livello globale.

A cambiare tutto è stato il proibizionismo che ha demonizzato una pianta che tanto aveva dato all’economia di mezzo mondo e dell’Italia in particolare. L’intensità di lavoro richiesta dalla coltivazione, ma soprattutto l’arrivo di più economiche fibre sintetiche dagli Stati Uniti, come il nylon, hanno portato ad abbandonare la coltivazione della canapa da fibra. La confusione generata da successivi interventi normativi antidroga ha finito per far dimenticare questa risorsa naturale.

Ma non ovunque è successo lo stesso. «”Negli anni più recenti – scrive il Servizio Studi della Camera – la filiera produttiva della canapa, dopo un lungo periodo di blocco della produzione, sta suscitando nuovo interesse a seguito dell’aumento del prezzo del petrolio e di una maggiore attenzione per la tutela dell’ambiente”. La coltivazione è ripresa in molti paesi europei. In Inghilterra, Germania, Polonia, Romania si è tornati a investire sulle canapa industriale già dagli anni Novanta. In Francia le colture non sono mai cessate. Ecco perché Oltralpe sono divenuti i leader europei del settore. Su 20 mila ettari coltivati a canapa in tutto il continente, più di 11 mila sono francesi (segue la Germania con 2500 ettari e il Regno Unito con 1.500). E noi siamo rimasti indietro.