Secondo un’analisi condotta da Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), sono circa 48.000 i bambini che potrebbero un giorno ottenere la cittadinanza italiana grazie allo Ius Scholae. Questo dato tiene conto dei minori figli di stranieri che attualmente frequentano la scuola primaria in Italia. Trascorsi cinque anni di istruzione e con residenza continuativa nel nostro Paese, questi bambini potrebbero acquisire la cittadinanza italiana per diritto, senza dover attendere la maggiore età.
Lo Ius Scholae è una proposta di legge pensata per concedere la cittadinanza ai minori extraeuropei arrivati in Italia prima del dodicesimo anno di età o ai figli di stranieri nati sul territorio italiano. Il requisito fondamentale è che abbiano frequentato regolarmente le scuole italiane per almeno cinque anni. Attualmente, le norme sulla cittadinanza sono disciplinate dalla legge n.91 del 5 febbraio 1992, che richiede ai minori stranieri di attendere la maggiore età per poter richiedere lo status di cittadino italiano.
Per Luca Bianchi, direttore generale di Svimez, lo Ius Scholae rappresenta un’importante occasione di integrazione: “Sarebbe un’opportunità di condivisione e inclusione, oltre che una necessità per il raggiungimento dell’uguaglianza”. Secondo Bianchi, legare l’acquisizione della cittadinanza al completamento di un ciclo di studi potrebbe incentivare la permanenza in Italia dei giovani con background migratorio e delle loro famiglie, con benefici demografici e sociali. “Si contribuirebbe a ringiovanire la popolazione, contenere la riduzione delle iscrizioni nelle scuole e la conseguente chiusura dei presidi scolastici”, ha sottolineato.
Secondo il ministero dell’Istruzione e del Merito, i minori stranieri che frequentano la scuola elementare in Italia sono 315.906, rappresentando il 14% degli iscritti (dati riferiti alla primaria statale, esclusa la Valle d’Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano). Di questi, quattro su cinque provengono da Paesi extracomunitari e circa il 70% sono nati in Italia.
Il rapporto di Svimez evidenzia che la maggior parte dei bambini figli di cittadini extraeuropei si concentra nelle regioni del Nord, in particolare Piemonte, Liguria e soprattutto la Lombardia, dove la percentuale di alunni stranieri nelle scuole elementari arriva al 22%. Queste aree sono considerate più attrattive per le opportunità lavorative e per la maggiore accessibilità ai servizi essenziali per le famiglie. Al contrario, nelle regioni del Mezzogiorno, come la Campania, la percentuale di minori stranieri scende al 4,5%.
Lo Ius Scholae potrebbe quindi rappresentare una svolta per l’inclusione sociale, riducendo le disuguaglianze e favorendo una maggiore coesione nelle comunità locali, sia nelle aree urbane che in quelle rurali.
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