Occupazione - disoccupazione protesta largo di Palazzo, Napoli. Jobs Act

La Corte costituzionale ha ampliato la protezione per i lavoratori licenziati, riducendo le restrizioni introdotte dal Jobs Act.

Con la sentenza numero 22 del 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola “espressamente”. Questa decisione ha effettivamente esteso la possibilità di reintegro nel posto di lavoro, eliminando così le limitazioni introdotte dal Jobs Act per i nuovi assunti (con il contratto a tutele crescenti introdotto dallo stesso decreto).

“Il fatto che questa sentenza sia stata emessa è motivo di soddisfazione”, ha commentato Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil, sottolineando che “rappresenta un passo avanti nella revisione e nel riequilibrio del Jobs Act”. Anche la Cisl ha accolto favorevolmente la sentenza, definendola “condivisibile” poiché estende la protezione dei lavoratori anche ai casi di nullità non espressamente previsti dalla legge, come ha evidenziato il segretario confederale Mattia Pirulli. La Cgil ha dichiarato che, pur considerando positiva la sentenza, contesta comunque l’intero decreto legislativo n. 23.

L’articolo su cui si è pronunciata la Corte prevede che il giudice, in caso di nullità del licenziamento per discriminazione o altri motivi, “ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto”.

Secondo l’interpretazione della Corte, questa disposizione è stata considerata illegittima nella parte in cui limitava la tutela reintegrativa ai soli casi di nullità espressamente previsti dalla legge, escludendo quindi altre situazioni.

Abuso della delega del Governo Renzi

Questa restrizione era stata contestata dalla Cassazione, che si era rivolta alla Consulta sostenendo che il decreto legislativo del 2015 violava l’articolo 76 della Costituzione, che regola l’attuazione delle leggi delegate. Il Jobs Act era stato approvato seguendo questa procedura, ma la Cassazione riteneva che il governo avesse abusato della delega limitando la tutela del reintegro solo ai casi espressamente previsti dalla legge, anziché seguirne i principi indicati dal Parlamento.

“Limitando la tutela reintegrativa ai casi di nullità espressa”, hanno precisato i giudici della Corte Costituzionale, “il Jobs Act ha lasciato senza disciplina specifica le situazioni escluse, creando una normativa incompleta e incoerente rispetto alla volontà del legislatore delegante”.

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