Nel mondo del lavoro italiano si fa sempre più urgente la necessità di garantire contratti collettivi fondati su una reale rappresentanza. È questo il messaggio lanciato dal presidente di Confapi, Cristian Camisa, che esprime una ferma critica verso le organizzazioni sindacali e datoriali che negoziano contratti senza avere una vera base di rappresentanza nelle aree produttive di riferimento.
“Siamo fermamente convinti dell’importanza della libertà contrattuale e del pluralismo nelle relazioni industriali, che devono tuttavia fondarsi su una rappresentatività effettiva delle parti”, ha dichiarato Camisa. Egli sottolinea come la rappresentatività non debba essere “rigidamente imposta dalla legge”, ma piuttosto misurata attraverso “un mix tra strumenti pattizi e strumenti amministrativi”, che possano garantire trasparenza e monitorare l’applicazione dei contratti con dati oggettivi e incontestabili. E’ di queste ore la polemica sollevata da Maurizio Landini in merito alla presenza ai tavoli di negoziazione con il governo di sigle considerate “non rappresentative”
Camisa si è inoltre espresso contro quelle organizzazioni che, pur senza rappresentanza effettiva, cercano di regolare determinati settori contrattualmente: “Non possiamo che essere fortemente critici nei confronti di quelle organizzazioni sindacali e datoriali che, pur senza avere reale rappresentanza in determinati ambiti produttivi, pretendono di regolarli contrattualmente”.
Secondo il presidente di Confapi, le parti negoziali devono essere in grado di affrontare le nuove sfide del mondo del lavoro con flessibilità e rappresentatività concreta. La Confapi, che da oltre 70 anni sigla contratti collettivi con CGIL, CISL e UIL, rimane aperta anche ad altre organizzazioni sindacali, purché “rappresentative nel settore o nell’azienda oggetto di negoziato”.
Camisa ha poi richiamato la necessità di una “rivoluzione culturale nella contrattazione”, affermando che i contratti dell’industria superano già il salario minimo di 9 euro l’ora. L’obiettivo, secondo lui, deve essere quello di garantire “salari mediani più elevati e più proporzionati alla ricchezza prodotta”.
Infine, Camisa ha concluso con un appello per un modello contrattuale più radicato nei territori: “Il cambiamento del modello contrattuale deve partire da attori realmente rappresentativi, che abbiano la capacità di tradurre le istanze territoriali in contratti applicabili e realmente efficaci”, avvertendo che il rischio altrimenti sarebbe quello di avere “soggetti che, non avendo un forte legame con il territorio, pretendano di regolare il lavoro con contenuti minimi e generalizzati”.
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Maurizio Landini (CGIL): “Al tavolo con il governo sindacati senza rappresentanza”