Lavoro giovani dimissioni

Voglia di cambiare lavoro e non svolgere la stessa mansione per tutta la vita lavorativa. Gli italiani stanno progressivamente cambiando opinione sull’importanza del ‘posto stabile’, almeno è questo ciò che ha rivelato uno studio condotto dall’osservatorio BenEssere Felicità. Il 44% degli italiani è propenso a cambiare lavoro nel breve periodo, contro il 38,5% registrato lo scorso anno, una percentuale che, secondo gli analisti, è “destinata a crescere, per arrivare a soluzioni con un maggior equilibrio vita privata-lavoro”.

Le ragioni

Nello studio, sollecitato anche dagli effetti della pandemia Covid, tra gli aspetti più rilevanti nella scelta del posto di lavoro, secondo i dati aggiornati a quest’anno, si trova al primo posto l’essere apprezzato-stimato che tocca il 44,7% delle risposte, seguito dall’amore per il proprio lavoro che raggiunge il 37,8% e dall’essere stimolato alla crescita con il 30,2%.

Solo dopo vengono citati elementi come la flessibilità oraria (28,4%), la fiducia (23,7%) e il controllo di ciò che si fa (21,4%).

La ricerca, chiamata ‘Barometro della felicità’ e presentata nella sua edizione per il 2023 nella sede di Confcommercio a Milano, ha coinvolto in tutta Italia un campione di 1.106 persone occupate: dipendenti, manager, liberi professionisti/partite Iva/piccoli imprenditori e rappresentanti di imprese di maggiori dimensioni.

Record di dimissioni

Come abbiamo già riportato in un articolo dello scorso 24 gennaio, secondo i dati diffusi dal Ministero del Lavoro e relativi ai primi 9 mesi del 2022 hanno lasciato il loro impiego oltre un milione e mezzo di persone, il 22% in più del 2021. L’identikit di chi si rimette in gioco è quello di un soggetto ancora giovane e con competenze tecniche e nel digitale, un profilo che in linea teorica permette di essere liberi da vincoli di spostamento, scegliendo con lo smart working luogo e orario di attività. La ricerca di una dimensione gratificante è in testa alle ragioni dell’abbandono del vecchio impiego.

L’analisi del fenomeno

Si tratta di una dinamica di mercato positiva? Sicuramente, a corollario di questo dato c’è un numero di attivazione di nuovi contratti di lavoro in crescita, quindi in molti casi si tratta di una scelta lavorativa, tesa verso un miglioramento delle condizioni, delle modalità o delle prospettive di crescita.

Sebbene però le dimissioni costituiscano, dopo la scadenza dei contratti a termine, la quota più alta tra le cause di cessazione dei rapporti di lavoro, è vero che questa evoluzione è accompagnata anche da un preoccupante incremento del numero dei licenziamenti: nel terzo trimestre del 2022, si sono licenziate 181 mila persone, il 10,6% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in molti casi persone over 50 che non hanno aggiornato le loro competenze e non riescono a trovare nuove opportunità per rimettersi in gioco.