Occupati disoccupati inattivi istat salari

“Esiste una mancanza di lavoratori a condizioni pre-covid in era post-covid. Il mercato del lavoro è cambiato, le preferenze degli individui sono cambiate. Non è colpa del Reddito di cittadinanza o di altro, il welfare è un mezzo per lo sviluppo, non un costo. Se siamo e ci consideriamo un paese avanzato con welfare, salario minimo, reddito minimo, pensioni, dobbiamo vedere anche cosa succede negli altri paesi avanzati. E quando domanda e offerta non si incontrano, i salari aumentano”. Lo afferma il presidente Inps Pasquale Tridico durante il convegno organizzato da Inps-Migrantes.

Il salario minimo è una soglia fissata da ciascuno stato sotto il quale nessun datore di lavoro può scendere nel pagamento delle prestazioni lavorative. Di norma i contratti collettivi fissano queste soglie per ciascuna categoria di lavoratori, lasciando però scoperta un’enorme fetta di lavoratori, a cui manca una sorta di paracadute che scongiuri paghe troppo basse. Per questo il salario minimo andrebbe a colmare questo buco.

Attualmente il salario minimo esiste in 21 paesi su 27 dell’Unione Europea. Non lo hanno Italia, Danimarca, Finlandia, Austria, Svezia, Cipro. Le differenze sono notevoli: si va dai 332 euro al mese della Bulgaria ai 2.000 del Lussemburgo. In totale sono otto gli Stati dove si supera quota 1.000 euro: Slovenia (1.074 euro), Spagna (1.126 euro), Francia (1.603 euro), Germania (1.621 euro), Belgio (1.658), Paesi Bassi (1.725 euro), Irlanda (1.775 euro). L’idea delle istituzioni europee è di rispettare le diverse tradizioni di welfare dei Ventisette, arrivando però a garantire un tenore di vita dignitoso, a ridurre le disuguaglianze e a mettere un freno ai contratti precari e pirata. Si mira poi a “rafforzare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva”.

La copertura della contrattazione collettiva in particolare dovrebbe venir fissata in una soglia compresa tra il 70% e l’80%, stando ai due obiettivi fissati rispettivamente da Commissione e Parlamento europeo. Tra i punti della proposta europea c’è la necessità di legare i salari all’inflazione oppure al costo di un paniere di beni specifico. Ci saranno eccezioni per determinate categorie di lavoratori. Il punto centrale sarà la definizione di salario minimo adeguato. Gli Stati membri dovrebbero fissare i loro salari minimi legali e valutarne l’adeguatezza in base a criteri numerici. Un punto in discussione, è l’articolo 6 sulle “variazioni e trattenute”. Ovvero le voci attribuite al salario come la divisa o i costi perla strumentazione che potrebbero portare a un impoverimento del valore totale.

L’Italia e il salario minimo

L’Italia è uno dei sei paesi Ue senza salario minimo. Dal primo ottobre la Germania lo porterà a 12 euro l’ora. La proposta di cui si discute in Italia prevede un reddito minimo pari al 60% del salario mediano lordo. Oppure al 50% del salario medio lordo. In Italia, nel solo settore privato, questi due valori corrispondono a 10,59 euro e 7,60, quindi la cifra media è 9 euro. Questo vuol dire avere salari netti di poco superiori a mille euro al mese.

Attualmente sono 4,6 milioni i lavoratori che percepiscono meno di 9 euro: si tratta del 30% del totale, del 26% di quelli privati, del 35% degli operai agricoli e del 90% dei lavoratori domestici. Portare il salario minimo a 9 euro l’ora significherebbe far arrivare nelle tasche dei lavoratori un totale di 8,4 miliardi in più al netto delle maggiori tasse che incasserà lo Stato. Mentre fissarlo a 9 euro l’ora porterebbe 3,4 miliardi in più a 2,6 milioni di addetti. Ma prima bisognerà capire in che modo verranno calcolati i contributi, il Tfr e le tredicesime.