Il Disegno di Legge sull’Autonomia Regionale, noto come Ddl Autonomia, è stato approvato dopo una lunga seduta alla Camera dei Deputati. Tuttavia, l’opposizione ha già annunciato l’intenzione di promuovere un referendum abrogativo per cancellare la legge, sollevando preoccupazioni per il governo guidato da Giorgia Meloni. Alcuni osservatori politici temono che Meloni possa trovarsi in una situazione simile a quella che portò alla caduta di Matteo Renzi.
La riforma, fortemente voluta dal ministro Roberto Calderoli e dalla Lega, ha ricevuto un’accoglienza mista tra la popolazione: i sondaggi indicano che è apprezzata nel Nord Italia, mentre è malvista nel Sud. Questo squilibrio potrebbe giocare un ruolo cruciale nel risultato di un eventuale referendum popolare.
Cos’è il Ddl Autonomia?
L’Autonomia Regionale Differenziata consente allo Stato di riconoscere alle Regioni a Statuto ordinario una maggiore autonomia legislativa su una serie di materie attualmente di competenza concorrente. Queste materie includono sanità, istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali e rapporti con l’Unione Europea.
Le Regioni più ricche potrebbero trattenere fino a 9 miliardi di euro di tasse grazie ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), che determinano i servizi minimi da garantire su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, per l’attuazione della riforma, sarà necessario attendere la definizione di questi Lep. Il governo ha due anni di tempo per stabilire il perimetro dei servizi da garantire e come finanziarli nel caso in cui le Regioni non riescano a farlo autonomamente. Esclusa la possibilità di aumentare il debito pubblico, le opzioni rimangono tagli alle spese o nuove tasse.
Il Residuo Fiscale
Uno degli aspetti più controversi della riforma è la possibilità per le Regioni più ricche di trattenere il proprio residuo fiscale, ossia la differenza tra quanto versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica. Secondo un’elaborazione di Bankitalia, le Regioni che ne beneficerebbero maggiormente sono Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana, Lazio e Valle d’Aosta. Complessivamente, il Nord Italia avrebbe un guadagno netto, mentre il Sud perderebbe risorse.
Il Referendum Abrogativo
L’intera opposizione, insieme a numerose organizzazioni civiche come “La Via Maestra”, ha annunciato la raccolta firme per indire un referendum abrogativo contro il Ddl Autonomia. La stessa associazione ha già organizzato manifestazioni di massa contro la riforma e invita i cittadini di tutte le Regioni a mobilitarsi contro la legge approvata.
I Sondaggi
Secondo il sondaggista Nicola Piepoli, il gradimento della riforma è distribuito in modo irregolare sul territorio nazionale, e molto dipenderà da come sarà formulato il quesito referendario e dall’informazione che raggiungerà i cittadini. Roberto Weber di Ixè osserva che il Paese è diviso in due sulla questione dell’autonomia differenziata, con una lieve prevalenza dei contrari. Lorenzo Pregliasco mette in evidenza il rischio legato all’astensionismo, ricordando i bassi livelli di partecipazione registrati alle ultime elezioni europee.
Antonio Noto, che ha realizzato un sondaggio per Repubblica, riporta che il 45% dei cittadini è contrario alla riforma, il 35% è favorevole e il 20% non sa esprimere un’opinione. Disaggregando i dati per area geografica, al Nord prevalgono di poco i favorevoli, mentre al Sud prevalgono nettamente i contrari. Anche il Centro Italia tende a esprimere un’opinione più vicina al Sud.
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